La mia parola è VISIONE.
Mi ha sempre affascinato la sua ampiezza di significato e nel mio lavoro mi trovo spesso a cimentarmi con delle “visioni”: dalle visioni degli artisti, a quelle programmatiche di indirizzo di uno spazio, a quelle suscitate da una mostra.
Etimologicamente deriva dal latino visio/visionis, derivato dal verbo visio (visto), participio passato di videre (vedere).
La visione è quindi qualcosa di visto, percepito, tradotto nella nostra cultura contemporanea delle immagini, di posseduto. Un “esemplare in visione”, in modo che tu lo possa vedere/avere per un po’. Ma visione è anche la percezione di stimoli visivi, di colori, di sorgenti luminose, per tutti diversa e quindi esclusiva: “spettacoli e cinema in prima visione”.
Per estensione la visione diventa poi “quadro, concetto, idea personale”: appena assunta la direzione artistica dell’Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei ho messo a punto una visione scientifica, un carattere identitario per ogni singolo spazio espositivo.
Infine la visione può diventare qualcosa di allucinante o fantastico, in senso mistico “avere una visione miracolosa”, dispregiativo “queste sono solo visioni”, o spettacolare “quello spettacolo è stato una vera visione”.
Personale e collettiva, reale o immaginaria, unica o molteplice, spettacolare o dileggiata, la mia parola è visione.