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Alessia Damiani

27 Marzo 2020

CV019 – Diciannovesimo giorno di quarantena.
Siamo tutti forzatamente in casa, sopraffatti da un virus che ha
messo in ginocchio il mondo intero così velocemente da lasciarci
storditi e attoniti.
Le nostre case ci accolgono, ma ci è impedita ogni interazione
con l’esterno.
Dentro alle nostre mura domestiche cerchiamo protezione e
conforto ma non ricordiamo quasi più cosa significhi provare il
piacere di “tornare” in un luogo che ci rappresenti, che ci
assomigli, ritrovarlo intatto con i suoi profumi, i suoi colori e le sue
luci.
Il verbo abitare deriva dal latino Habitare (frequentativo di
habere, avere) che nel senso proprio significa continuare ad
avere, dunque avere consuetudine in un luogo, abitarvi.
Ma abitare non significa solo occupare uno spazio, invaderlo con
il proprio corpo, è qualcosa in più: un fatto intimo che comporta
l’attaccamento a qualcosa che ci rappresenta.
Ecco perchè la vera abitazione deve (dovrebbe) avere un
carattere, un aspetto di colori, oggetti, luci e materiali che, in
qualche modo, sia espressione di un sentire personale derivante
anche da esperienze di vita, dall’interazione con il mondo.
Una abitazione diventa tale quando in essa portiamo parti di noi
che abbiamo cercato (e trovato) vivendo.

Abitare non significa solo
occupare uno spazio, invaderlo
con il proprio corpo: è un fatto
intimo che comporta
l’attaccamento a qualcosa che ci
rappresenta.

Ph. © Luis Vidal

Un viaggio, un ricordo, una sensazione, una particolare luce
diventa personalizzazione, diventa arredamento. Ecco che una
casa diventa un’abitazione.
La casa dovrebbe modularsi sul nostro sentire e sul nostro vissuto
di modo da darci emozioni legate al nostro io, essere espressione
da un lato delle nostre origini, ma anche del nostro passato e
della nostra evoluzione nel mondo, con uno sguardo diretto al
futuro.
Non solo abitare, dunque, ma abitarsi.
Se la radice habitus riconduce alla consuetudine, alla quotidianità,
il nome della dea della dimora e del focolare era Vesta per i latini
(Hestia per i greci) che deriva dall’indoeuropeo vas, abitare,
definita da Ovidio “null’altro che fuoco vivo”.
Un tempo l’idea della casa girava proprio attorno al concetto di
focolare e di condivisione tra i suoi abitanti ma oggi, spesso,
l’abitazione diventa anche spazio personale, individuale, intimo.

“Non smetteremo mai di
esplorare e la fine di tutte le
nostre esplorazioni sarà arrivare
là dove eravamo partiti e
conoscere il luogo per la prima
volta. “  – T.S. Eliot

Ph. © Federica Giusti

Se abitare uno spazio, dunque, comporta esplorarlo, conoscerlo,
farlo proprio, abitarsi significa conoscersi, accettarsi.
La casa delinea un confine tra un dentro e un fuori, che spesso
sono condizioni più psichiche che fisiche.
Luci, tessuti, oggetti.
L’arredamento segue la voglia di costruire un abitare che ci
assomigli ma che nello stesso tempo ci sorprenda, ci emozioni.
Sentirsi a casa come dentro ad un vestito comodo e bellissimo ma
innovativo.
La complessità di noi stessi tradotta in una lucida complessità
dell’abitare.

Alessia Damiani

[Lawyer • Business Agent]

TI DO LA MIA PAROLA… ABITARE

[Living - 2020]